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COMUNITA' MONTANA DEI MONTI REVENTINO - TIRIOLO - MANCUSO

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Il mare e la montagna, gli abissi e le vette: possono sembrare ambienti lontani ma in Calabria v'è un massiccio, il Reventino, che li avvicina come pochi in Italia. Anzi dai suoi boschi si può addirittura godere la vista di due mari e perfino di alcune isole.
Il comprensorio del Reventino, infatti, si affaccia con il suo profilo ondulato sulla parte più stretta della Penisola, l'istmo di Marcellinara tra i mari Jonio e Tirreno, di appena 30 chilometri. Questo singolare gruppo montuoso è il naturale prolungamento verso ovest della Sila Piccola, con la sua catena montana che parte da monte Serralta (1246 m.) a monte Reventino (1417 m.) e monte Mancuso (1328 m.), come una barriera invalicabile interrotta solo dalle profonde incisioni dei fiumi Corace ad est e Amato nella parte centrale, nelle quali si elevano, in posizione strategica sul letto dei due fiumi, rispettivamente, l'abitato di Gimigliano e quello di Tiriolo.
La catena copre, a nord, lo stupendo pianoro ondulato sulle sponde dell'alto corso dell'Amato. 
Il pianoro è circondato dalle montagne anche sugli altri lati: ad ovest dal crinale del lato sinistro del bacino del fiume Savuto, di andamento quasi parallelo al corso dello stesso fiume, a nord dalla Sila Grande e ad est dal displuvio tra i fiumi Melito e Corace. 
Dalla sua sorgente sul Reventino il fiume Amato, nel suo tratto montano, scende dolcemente da oriente verso occidente, per poi invertire la direzione, con un ampio semicerchio tra le gole di Serrastretta, Tiriolo e Marcellinara, immettendosi quindi nella piana lametina per sfociare nel mar Tirreno. L'altro fiume che attraversa il tratto montano, il Corace, nasce dal monte Brutto e scende con pendenza non eccessiva sino al profondo burrone esistente tra i territori di Cicala e Gimigliano, dove le sue acque, ingrossate dal fiume Melito, percorrono l'ultimo tratto in direzione sud-est sino alla sua foce sul mar Jonio. Sull'altopiano i due fiumi corrono quasi paralleli, a distanza tra loro di 1-2 chilometri, separati da una propaggine collinare a quota 800-900 metri. I loro corsi divergono tra Cicala e Gimigliano, in corrispondenza del masso calcareo formato in parte dal monte Tiriolo. La profonda incisione del vallone Acciaio, affluente del Corace, divide dalla propaggine quest'ultimo monte che si erge, con le sue ripide pendici, in posizione dominante su tutto l'istmo e dalla cui sommità si abbracciano in un solo sguardo lo scenario unico ed incomparabile dei due Mari, lo Jonio e il Tirreno separati da uno stretto lembo di terra. Tra i monti Reventino e Mancuso nasce, in corrispondenza del colle S. Mazzeo, il fiume Bagni che scende, con andamento fortemente torrentizio di direzione nord-sud lungo una profonda incisione della pendice montana, sul golfo di S.Eufemia. Il fiume è noto sin dall'antichità per le sue sorgenti d'acqua calda che sgorgano lungo il suo ripido bacino, usate per le cure termali sin dall'epoca greco-romana, epoca della quale la zona conserva l'antico nome mitologico di Caronte, denominazione data anche allo stabilimento di cure termali che sorge sullo stesso luogo.

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UN PANORAMA VARIO E SUGGESTIVO
Ogni luogo del territorio offre vedute suggestive e varie, dalle sue pendici geometricamente punteggiate dagli oliveti nelle quote più basse, dove più in alto svettano gli alberi di alto fusto, al piano collinare con i suoi poderi coltivati intervallati da alberature da frutto od ornamentali. Lungo le sue vette il panorama si allarga su un vastissimo territorio, con ampie vedute sull'orizzonte marino. 
Tra Platania e il passo di Acquabona, all'ora del tramonto, il mare appare come un'enorme lastra luminescente. 
La cima del Reventino è composta da due vette vicine, divise da una selletta, dalle quali si abbracciano ampie vedute mozzafiato. Da quella sul lato ovest si domina tutta la vallata del Savuto, con le sue pendici intensamente coltivate ad oliveti, vigneti e ortaggi, incise dai profondi valloni degli affluenti e con i suoi caratteristici abitati arroccati su cucuzzoli o su speroni: Rogliano, Belsito, Malito e Grimaldi sulla sponda destra e, sulla sponda sinistra Scigliano, Motta S.Lucia, Conflenti, Martirano, appollaiato su un grosso monolite roccioso che scende quasi a picco sul fiume, e l'abitato a scacchiera di Martirano Lombardo adagiato sulla pendice di monte Mancuso.  Guardando in direzione del corso del Savuto, sull'avvallamento tra la catena silana e quella costiera, si stagliano sul cielo le cime più alte della catena del Pollino. Dalla vetta est la visuale spazia tra l'istmo, sullo sfondo della catena delle Serre e delle cime aspromontane, e le isole Eolie in un ampio arco marino sino allo stretto di Messina. Nelle giornate limpide spingendo lo sguardo lungo la visuale che passa sopra il promontorio di monte Poro, l'area dello Stretto e la linea della catena Peloritana, si distingue chiaramente la caratteristica sagoma conica dell'Etna.  Le pendici di monte Mancuso, che scendono sui versanti sud, ovest ed est, sono coperte da foreste con alberi di varie essenze: cerri, pini, abeti, ontani, castagni e faggi. Le foreste sono caratterizzate dalle liane che fasciano e coprono con il loro fogliame i tronchi e i rami degli alberi, dando al bosco un aspetto suggestivo.

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UNO SGUARDO ALLA STORIA
L'area del Reventino, per la sua posizione baricentrica e strategica per i collegamenti tra la valle del Crati e l'Istmo, ha sempre rappresentato il luogo d'incontro e di scontro tra i vari popoli che si sono avvicendati sul territorio della regione chiamata dai greci Italia, poi Brutium dai Romani e infine Calabria in epoca bizantina. E' significativo, d'altra parte, che un monte, ubicato a metri 863 sul displuvio tra l'Amato e il Corace si chiami Battaglia. Non si sa se si riferisce ad una battaglia di Annibale o dei Normanni, per come si tramanda oralmente, oppure di altro periodo. Il territorio ha avuto una grande importanza all'avvento del popolo dei Bruzi, che compaiono nella storia nel IV secolo dopo il loro distacco dai Lucani. A differenza di altri popoli, i vari gruppi nei quali erano scissi i Bruzi si unirono formando una confederazione nel sito dell'attuale Cosenza che, in sintonia con l'accordo raggiunto, chiamarono Consentia. Estesero quindi il loro dominio su tutta l'area montana, Sila e Reventino Mancuso. 
La porta affacciata sull'Istmo, dove ora sorge Tiriolo, era presidiata da un raggruppamento di abitati fortificati, chiamato Theuranus, che rappresentava il centro di scambi commerciali e culturali tra i Bruzi e le città magnogreche, divenendo poi avamposto per le guerre di conquista di tutto il territorio della Calabria. Ciò provocò l'intervento dei Romani con la conseguente loro conquista del territorio. Una notevole testimonianza della loro presenza sono i resti di Villa Romana in località Pian delle Vigne nel comune di Falerna.
Il dominio dei Romani causò contro di loro una serie di rivolte poichè si erano impadroniti delle più importanti risorse silane: il legname per la costruzione delle navi e la resina per il calafataggio del fasciame dei navigli. Le rivolte scoppiavano soprattutto in occasione dei Baccanali, per come è testimoniata da una tavoletta in bronzo nella quale i Romani regolavano rigidamente lo svolgimento di tali feste. La tavoletta si trova nel Museo di Vienna e una copia è in mostra nell'Antiquarium di Tiriolo, dove si possono osservare molti altri pezzi unici che testimoniano la civiltà dei Bruzi. 
La valle del Savuto è anche nota per la tragica morte del re di Germania Enrico VII, l'infelice figlio di Federico Il travolto, nel suo regno, dai contrasti tra i feudatari e le classi borghesi emergenti nelle città. Si schierò con la borghesia, contro il parere del padre che gli suggeriva di mediare, tenendo conto della migliore forza della classe baronale. Fu quindi deposto come ribelle e imprigionato nel castello di Nicastro. Morì nel trasferimento da Nicastro al castello di Martirano, secondo alcuni, o nel castello di Martirano secondo altre fonti. 
Le vicende successive si confondono con quelle del territorio regionale. Nel 1807 in Soveria Mannelli vi fu un episodio, analogo a quello dei Vespri siciliani di rivolta popolare contro i francesi per la violenza subita da una donna di Soveria Mannelli da parte di un soldato francese. Altro avvenimento noto è quello della battaglia di Soveria Mannelli tra i garibaldini e i borbonici il 31 agosto 1860, importante perchè spianò la strada a Garibaldi verso la Campania. In realtà la battaglia cessò dopo i primi colpi con la resa del generale borbonico Ghio, alla testa di 12.000 soldati appena gli fu comunicata la notizia che il comando generale di Cosenza si era arreso ad un Comitato Nazionale formato dai gruppi liberali cosentini. L'episodio è riportato nelle memorie di Maxime Du Champ, componente dello Stato maggiore di Garibaldi.

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PAESI RICCHI DI TRADIZIONE
Gli abitati delle quote più alte, Carlopoli, Soveria Mannelli, Decollatura, Conflenti e Martirano Lombardo, sono di epoca relativamente recente, essendosi formati dopo il secolo XV dai raggruppamenti di casali, contrade e case sparse. Di più antica data sono i paesi di Cicala e Gimigliano, a nord-est, di Tiriolo, Miglierina, S.Pietro Apostolo, Serrastretta, Platania e le frazioni di Lamezia Terme sulle pendici del versante sud, Falerna, Nocera Terinese, Martirano e Motta S.Lucia lungo le pendici Ovest che degradano sulla sponda sinistra del fiume Savuto. Gizzeria, e altri abitati sull'Istmo, sono paesi fondati da popolazioni albanesi, intorno alla metà del XV secolo, i cui primi gruppi giunsero in Calabria con l'esercito di Demetrio Reres, inviato da Skanderberg in soccorso di Alfonso I d'Aragona per domare la rivolta dei baroni. L'ubicazione di tali abitati fu dettata da motivi di strategia, in posizione dominante sulla piana lametina, analogamente a quella dei paesi d'origine albanese delle piane del Neto e di Sibari. Dopo la fase della grande emigrazione si nota sempre di più lo sviluppo delle attività produttive, soprattutto nel settore della commercializzazione e della trasformazione dei prodotti agricoli sempre legate ad una tenace tradizione. 
Carlopoli è caratterizzato dalla lavorazione del latte con i suoi pregiati latticini, Cicala è noto per la sua specializzazione nella lavorazione e commercializzazione delle castagne e marroni esportati anche in Europa e Nord-America.  Conflenti è rinomato per la produzione dolciaria, come i mustaccioli a base di miele e le grispelle, ciambelle di patate e farina fritte. In Tiriolo vi è un artigianato di qualità per la lavorazione dei famosi vancali, scialli in lana o seta, di "pezzare", di strumenti musicali antichi e altri di carattere artistico. A Serrastretta è fiorente la tradizionale produzione artigianale di sedie esportate anche all'estero, attività che si è conservata malgrado la tumultuosa emigrazione dei decenni scorsi. Soveria Mannelli, oltre che di una serie di piccole e medie aziende produttive, è sede di una filanda che produce coperte con filati e manifattura tradizionale e di una casa editrice di rilevanza nazionale.
I visitatori possono venire a contatto delle suggestive tradizioni di ciascun paese in numerose occasioni. Ad esempio, nel periodo natalizio gran parte degli abitanti di Decollatura sono coinvolti nell'allestimento di un caratteristico presepe vivente. Molto coinvolgente per attori e spettatori è anche il dramma sacro, detto "a' Pigghiata", che si recita in vari punti dei paesi di Tiriolo, Miglierina e di S.Pietro Apostolo. 
Chi verrà a Nocera Terinese nel periodo della Settimana Santa non deve perdersi la processione dell'Addolorata e il rito dei "Vattienti" o della "flagellazione". L'ultima domenica d'agosto a Conflenti si celebra la festa della Madonna della Quercia sulle pendici del monte Reventino. Essa è preceduta da una novena con la partecipazione di migliaia di pellegrini provenienti da tutta la Calabria ed oltre. Altra ricorrenze liturgica, di rilevanza comprensoriale, è la festa della Madonna di Costantipopoli, venerata nel Santuario di Porto, a Gimigliano, la cui celebrazioni inizia la domenica di Pentecoste e continua fino al martedì successivo, di notevole richiamo è anche il pellegrinaggio del 25 aprile.

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LA CUCINA, UN MISTO DI FANTASIA E SAGGEZZA
Il territorio della Comunità Montana è ricco di molte aziende di piccola e media dimensione per la lavorazione di funghi, sottaceti e di antipasti in genere apprezzati non solo in Italia. 
Gli appassionati micologi potranno raccogliere non solo il principe dei funghi, il "porcino", ma anche il "rosito", gli "ovoli", le "mazze di tamburo e i vavusi". 
Il turista apprezzerà inoltre la cucina locale genuina e fantasiosa; del resto la natura qui é generosa di ottime materie prime, come il puro e abbondante olio di oliva di pianura e di collina, i derivati del maiale, gli ortaggi, le verdure e quelle erbette che fatte essiccare al sole danno alle pietanze un gusto e un odore particolare che si accompagnano bene al "pane di casa" che, fatto con farina di grano duro e cotto nel forno a legna, acquista sapore col passare dei giorni. 
Sempre con la farina di grano duro le massaie preparano sapientemente vari tipi di pasta dal nome suggestivo come ad esempio i "covateddri", piccoli pezzi di pasta scavati con il dito su di un cestello detto "crivu", oppure i "maccarruni allu ferriettu", cioè pezzetti di pasta avvolti su di un ferro che diventano simili a spaghetti grossi e corti dal sapore sodo e rude di grano. Il peperoncino rosso piccante verrà sempre offerto sulle tavole per insaporire varie pietanze. Fino al secolo scorso lo si riteneva utile anche per debellare febbri e altre malattie.
Per quanto anche le carni di coniglio, agnello e capretto siano molto apprezzate, è quella di maiale a fare da padrona sulle tavole. Infatti essa ricorda l'uccisione del maiale che viene vissuta quasi come una festa collettiva dal sapore magico-religioso per il susseguirsi di banchetti rituali in cui si gustano le "frittule", ottenute mettendo a bollire la carne di maiale in un grande calderone, rallegrati dall'ebbrezza del vino rosso locale. Inoltre dal maiale si preparano dei saporitissimi salumi che si lasciano stagionare per alcuni mesi, come il capicollo, ricavato dalla parte vicina al collo dell'animale, le salsicce e le soppressate al cui impasto si aggiunge, oltre il sale, la conserva di peperone rosso, dolce o piccante.
Tra i formaggi ricordiamo  la squisita ricotta salata e affumicata, le tenere e delicate ricotte di latte di vacca, pecora e capra, vendute in cestini conici di giunchi intrecciati, chiamati "fuscelle", e i "burrini" fatti con burro finissimo rivestito di caciocavallo. 
Dai menù dei ristoranti non mancheranno le trote e le anguille o i pesci del mare antistante la costa locale, come i "surici" di forma piatta e dalle carni sode e bianchissime, ottimi fritti nell'olio. Al termine del pasto non si possono non assaggiare le "crocette", fatte con cuore di noci e fichi secchi profumati da bucce di mandarino o i tipici dolci. Il più caratteristico è quello che si prepara a Pasqua, la "cuzzupa", ciambella decorata da uova sode; degli altri dolci molti risalgono alla tradizione greca, soprattutto quelli con il miele, già citati dal poeta Teocrito negli "Idilli", mentre una squisita torta, la "pittanchiusa", è di origine araba, con frutta secca e spezie racchiuse da sottili sfoglie di pasta.

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